LUSSAZIONE DELL’ANCA: GUIDA COMPLETA — CAUSE, DIAGNOSI, TRATTAMENTO E COMPLICANZE

Lussazione dell’anca: guida completa — cause, diagnosi, trattamento e complicanze

Lussazione dell’anca: guida completa — cause, diagnosi, trattamento e complicanze.

La lussazione dell’anca è una condizione grave in cui la testa femorale fuoriesce dalla cavità acetabolare dell’anca, perdendo i normali rapporti anatomici. È considerata un’emergenza ortopedica, poiché un ritardo nella riduzione può aumentare il rischio di danni vascolari, necrosi ossea e degenerazione articolare.

1. Anatomia e meccanismi eziopatogenetici

Anatomia dell’articolazione dell’anca

L’anca è un’articolazione di tipo enartrosi (sfera-conca), che consente un’ampia libertà di movimento (flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazioni interna/esterna).

  • La testa del femore (porzione prossimale) è quasi sferica e si inserisce nell’acetabolo del bacino.

  • L’acetabolo è rivestito da cartilagine articolare e contornato da labrum e capsule-legamentose, che aiutano nella stabilità.

  • Muscoli (es. ileo-psoas, glutei, adduttori) e legamenti (capsula articolare, legamento rotondo, legamenti ileo-femorali) contribuiscono alla stabilità passiva e attiva.

Quando la testa femorale viene spinta fuori sede, possono verificarsi lesioni anche dei tessuti molli (capsula, legamenti, tendini), oltre a possibili danni ai vasi sanguigni e ai nervi (in particolare il nervo sciatico nelle lussazioni posteriori).

Meccanismi traumatici

Le lussazioni traumatiche dell’anca sono quasi sempre il risultato di forze ad alta energia che combinano flessione, adduzione e rotazione. Tra i meccanismi più frequenti:

  • Trauma da “cruscotto” in incidenti stradali: il ginocchio urta contro il cruscotto, spingendo la testa femorale posteriormente.

  • Cadute da altezze elevate, con impatto sull’arto inferiore e trasmissione del carico sull’anca.

  • Sport di contatto (calcio, rugby, sport acrobatici) in cui si verificano spinte violente sull’arto in flessione e rotazione.

In caso di lussazione congenita o patologica, invece, i meccanismi coinvolgono alterazioni strutturali (malformazioni acetabolari, lassità ligamen­tose, patologie articolari) che predispongono la testa femorale a uscire spontaneamente o in presenza di traumi minimi.

2. Classificazione e tipologie

Per una corretta gestione clinica è fondamentale classificare la lussazione in modo sistematico:

2.1 In base all’entità articolare

  • Lussazione completa (franca): completa perdita di contatto tra testa femorale e acetabolo.

  • Sublussazione (lussazione incompleta): i capi articolari mantengono un contatto parziale.

2.2 In base all’eziologia

  • Traumatica: la forma più comune: conseguenza di un evento acuto.

  • Congenita / displasia evolutiva dell’anca (DDH): predisposizione anatomica e sviluppo patologico, spesso diagnosticata in età infantile.

  • Patologica: secondaria a malattie articolari croniche, processi degenerativi, tumori, infezioni, alterazioni ossee che indeboliscono la stabilità articolare.

2.3 In base alla direzione della dislocazione

  • Lussazione posteriore (85-90 % dei casi): la testa del femore viene spinta dietro l’acetabolo. L’arto appare in rotazione interna, accorciato e spesso in flessione.

  • Lussazione anteriore (~10 %): la testa del femore si sposta in avanti, con l’arto in rotazione esterna e abduzione.

  • Forme rare: lussazione inferiore, superiore, otturatoria (quando la testa migra in regioni particolari del bacino). Queste forme sono meno frequenti e spesso associate a traumi complessi.

2.4 Lussazione di protesi

Una categoria particolare è la lussazione di protesi d’anca, che si verifica quando la testina protesica esce dal componente acetabolare (inserto). Può essere causata da movimenti estremi, disallineamento protesico, instabilità delle componenti o traumi.

3. Sintomi e segni clinici

3.1 Dolore e limitazione del movimento

Il sintomo più caratteristico è dolore acuto, spesso lancinante, a livello inguinale, dell’anca o irradiato verso la coscia. Impossibilità (o severa difficoltà) di muovere l’arto è quasi sempre presente.

3.2 Deformità anatomica e postura dell’arto

  • Nelle lussazioni posteriori, l’arto appare in rotazione interna, talvolta accorciato, con adduzione. La gamba appare più corta rispetto a quella controlaterale.

  • Nelle lussazioni anteriori, la rotazione è esterna, l’arto può apparire meno esteso verso l’interno e leggermente accorciato, ma in misura minore rispetto alla forma posteriore.

3.3 Sintomatologia neurologica

Se il nervo sciatico è coinvolto (frequente nelle lussazioni posteriori), possono comparire:

  • Piede cadente (impossibilità di dorsiflettere la caviglia)

  • Intorpidimento, formicolii o perdita di sensibilità nella gamba, piede o caviglia

  • Debolezza nei muscoli innervati dal nervo sciatico

Durante la valutazione, il medico può chiedere al paziente di sollevare la punta del piede: spesso solo le dita si alzano, perché i muscoli della flessione dorsale sono differenti.

3.4 Altri segni associati

  • Gonfiore, calore e possibile versamento articolare

  • Dolore alla palpazione della regione inguinale, trocantere o glutea

  • Positività a segni clinici di instabilità o cedimento articolare

4. Diagnosi differenziale

Prima di concludere per una lussazione dell’anca, è essenziale considerare altre condizioni simili:

  • Frattura del collo femorale o sottocapitata, che può essere scambiata per una lussazione. In genere l’arto è ruotato esternamente per azione muscolare.

  • Fratture dell’acetabolo associate a traumi gravi.

  • Contusioni articolari, distorsioni gravi

  • Lussazioni dell’articolazione sacro-iliaca o instabilità pelvica

  • Lesioni nervose isolate o patologie neurologiche che causano paralisi/paresi

L’esame clinico, l’anamnesi del trauma e le indagini strumentali aiutano a fare la distinzione.

5. Diagnosi: esami strumentali e criteri

5.1 Radiografie

La radiografia del bacino in proiezione anteroposteriore è l’esame di prima scelta. Serve a:

  • Confermare la lussazione

  • Valutare la direzione e l’entità della dislocazione

  • Ricercare fratture associate (acetabolo, testa femorale, colli)

  • Controllare la congruenza articolare dopo la riduzione

Spesso si associa un’analisi in proiezione assiale o obliqua per valutare meglio le porzioni dell’acetabolo.

5.2 TAC (tomografia assiale computerizzata)

Nei casi complessi o quando sono presenti frammenti ossei intra-articolari, la TAC fornisce immagini dettagliate, aiutando a pianificare eventuali interventi chirurgici.

5.3 RMN (Risonanza magnetica)

Può essere utile per valutare le strutture molli: legamenti, capsula, muscoli, lesioni cartilaginose, edema osseo. Tuttavia, non è il primo esame nell’emergenza.

5.4 Controlli post-riduzione

Dopo la riduzione, è fondamentale eseguire subito una radiografia di controllo per confermare la congruenza articolare e verificare l’assenza di frammenti residui o complicanze ossee.

5.5 Valutazione neurologica e vascolare

È essenziale esaminare la sensibilità e la motilità del piede, nonché la perfusione vascolare dell’arto (polsi distali, eventuali deficit). Un deficit neurovascolare è un’indicazione per una riduzione urgente.

6. Trattamento: urgenza, tecniche e protocolli

6.1 Urgenza terapeutica e timing

La lussazione dell’anca è un’emergenza ortopedica. La riduzione deve essere eseguita il prima possibile, idealmente entro 6 ore dal trauma, per minimizzare il rischio di necrosi avascolare della testa femorale. Il ritardo nella riduzione aumenta notevolmente il rischio di complicanze.

6.2 Riduzione chiusa (manovre manuali)

Se non ci sono fratture associate gravi o controindicazioni, la riduzione chiusa è la prima opzione. Le manovre sono eseguite sotto sedazione, analgesia e talvolta anestesia (anche spinale o generale).

Procedure abituali per la lussazione posteriore (alcune tecniche):

  • Tecnica di Allis: il paziente è supino, si flette l’anca e il ginocchio a 90°, quindi si esercita trazione verso il corpo e manipolazione per far rientrare la testa.

  • Tecnica del “Captain Morgan”

  • Tecnica di Whistler

L’obiettivo è riportare la testa del femore in sede riducendo torsioni e forze compressive. Dopo la manovra, il medico verifica la riduzione con radiografia di controllo.

Se la riduzione chiusa non è possibile o vi sono lesioni associate complesse, si procede con riduzione chirurgica.

6.3 Intervento chirurgico (riduzione aperta / osteosintesi)

Indicazioni per l’intervento includono:

  • Impossibilità di riduzione chiusa

  • Fratture associate di acetabolo, testa femorale, o frammenti osteocondrali intra-articolari

  • Instabilità residua dopo riduzione

  • Lussazione “inveterata” (dopo diversi giorni)

  • Lesioni neurologiche gravi che richiedono esplorazione

L’intervento mira a ricondurre la testa femorale, fissare eventuali fratture, rimuovere corpi liberi articolari e ripristinare la stabilità articolare.

6.4 Immobilizzazione e supporti

Dopo la riduzione, è frequente applicare un periodo di immobilizzazione (letto, tutori) per permettere la guarigione dei tessuti molli. L’immobilizzazione non deve essere eccessiva per evitare rigidità articolare e atrofia muscolare.

7. Riabilitazione e recupero funzionale

La fase riabilitativa è cruciale per recuperare mobilità, forza e stabilità. Alcuni principi:

  • Avvio graduale della fisioterapia passiva (movimenti assistiti)

  • Progressivo passaggio a esercizi attivi, rinforzo muscolare (glutei, abduttori, ileo-psoas)

  • Esercizi propriocettivi

  • Recupero funzionale e rieducazione al cammino

  • Monitoraggio radiografico e clinico

La durata del recupero dipende dalla gravità della lussazione e dalla presenza di complicanze, ma in casi semplici può richiedere 2-3 mesi fino a ritorno completo alle attività.

8. Complicanze e prognosi a lungo termine

8.1 Necrosi avascolare della testa femorale (osteonecrosi)

Uno dei rischi più temuti: la compromissione dell’apporto sanguigno alla testa femorale può condurre alla morte del tessuto osseo, con collasso articolare. Il rischio cresce con il ritardo nella riduzione.

8.2 Artrosi post-traumatica (coxartrosi)

Molti studi indicano che le lussazioni traumatiche dell’anca, anche se ben trattate, possono evolvere verso artrosi precoce, soprattutto se c’erano lesioni cartilaginee, frammenti intra-articolari o alterazioni dell’anatomia.

8.3 Instabilità articolare e recidive

Se la stabilità capsulo-legamentosa non viene ripristinata, l’anca può restare instabile e soggetta a recidive.

8.4 Lesioni neurologiche persistenti

Se il nervo sciatico è leso gravemente, possono rimanere deficit sensitivo-motori permanenti.

8.5 Corpi liberi intra-articolari e danno cartilagineo

Frammenti ossei o cartilaginei possono rimanere nell’articolazione e determinare usura accelerata o meccanismi di blocco articolare.

8.6 Esiti funzionali

In alcuni casi, si possono osservare rigidità articolare, limitazioni nei movimenti, dolore cronico o dismetrie dell’arto se non adeguatamente trattata.

Uno studio su 40 casi ha evidenziato che, anche con riduzione e immobilizzazione, non sempre la funzione si ripristina al livello pre-trauma; la presenza di fratture associate e la tempestività del trattamento influenzano l’esito a distanza.

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