Alluce Rigido: Cos’è e Come Affrontarlo
Fisioterapia e Riabilitazione Alluce Rigido a Centocelle Roma
Cos’è l’Alluce rigido?
L’alluce rigido è l’artrite dell’articolazione principale dell’alluce nella sfera del piede.
Si chiama “alluce rigido” perché la sua caratteristica principale è la rigidità del dito del piede.
A volte è interessata solo la parte superiore dell’articolazione, mentre il resto non è danneggiato o colpito.
In altre persone l’intera articolazione è consumata, soprattutto quando la cosiddetta “artrite alluce” è stata sottovalutata e trascurata.
Talvolta può essere associato anche a valgismo dell’alluce (deviazione laterale del dito), ma non per questo confuso con tale patologia.
L’alluce rigido colpisce circa il 2% della popolazione con una netta prevalenza degli uomini sulle donne, tra i 30 e i 60 anni di età.
Come tutte le forme di artrosi si tratta di una patologia evolutiva che tende progressivamente a peggiorare con il passare del tempo.
Diagnosi e Trattamento Alluce Rigido a Centocelle Roma
Quali sono le cause dell’Alluce rigido?
Nella maggior parte delle persone non esiste una causa definita: si sviluppa e basta. Probabilmente il motivo principale per cui questa articolazione è particolarmente soggetta a logoramento è che, l’alluce, è sottoposto a tremendo stress nel camminare. Le scarpe strette di certo non aiutano. Ad ogni passo, una forza pari al doppio del peso corporeo passa attraverso questa articolazione molto piccola. In alcune persone può essere causato da una lesione o da un altro problema medico come la gotta o un’infezione nell’articolazione.
Sintomatologia
La progressiva usura della cartilagine articolare comporta un graduale irrigidimento dell’articolazione fino ad un blocco completo; inoltre comporta la formazione di becchi ossei (osteofiti) che deformano l’articolazione e ne aumentano il volume specie della parte dorsale.
Il Paziente in genere lamenta dolore dovuto all’attrito dei capi articolari nel movimento residuo ed allo sfregamento degli osteofiti con la calzatura e la conseguente formazione di borsiti. Il dolore e la rigidità aumentano progressivamente ostacolando la deambulazione specie nella fase di spinta del passo; inoltre gli osteofiti si accrescono progressivamente specie sul dorso dell’articolazione ostacolando o rendendo difficoltosa la calzata della scarpa.
Al contrario dell’alluce valgo nell’alluce rigido il dito rimane in asse e ben allineato con il resto del piede.
Con la rigidità viene meno la possibilità di ruotare l’alluce verso l’alto. A causa dell’alluce doloroso alcune persone tendono a camminare sul lato del piede. Ciò può provocare dolore alla pianta del piede o lungo il bordo esterno. A volte l’articolazione si consuma più sul lato esterno, verso le dita dei piedi inferiori, che sul lato interno. Ciò può far inclinare la punta verso il secondo dito e le dita dei piedi possono strofinare insieme. Sappiamo benissimo che camminare male, può portare anche a problemi di dolori a schiena, ginocchia e altri problemi posturali. È noto che la sindrome dell’alluce rigido può iniziare anche presto nella vita, addirittura sin dall’adolescenza.
Diagnosi
La diagnosi è basata in generale sulla clinica che come detto in precedenza è caratterizzata da dolore articolare, diminuzione del movimento e tumefazione ossea specie nella parte dorsale dell’articolazione. L’esame strumentale più utile è la radiografia in due proiezioni in carico; questa evidenzia la scomparsa della cartilagine articolare con avvicinamento delle superfici ossee e la presenza degli osteofiti cioè dei caratteristici becchi ossei specie sulla parte dorsale dell’articolazione. Altri esami complementari, come l’ecografia, o più complessi come la RMN o la TC, sono in genere superflui e poco utili per la diagnosi.
Quali sono i rimedi per l’Alluce rigido?
Il medico specialista può prescrivere semplici farmaci antidolorifici per il dolore.
Se il problema persiste, il medico può prescrivere antidolorifici più forti o medicinali antinfiammatori, se questi sono considerati sicuri per il Paziente.
Molto utilizzate sono anche le ortesi podologiche. Poiché l’articolazione è di solito più dolorosa quando la punta è piegata verso l’alto durante la camminata, a volte si può irrigidire la suola della scarpa in modo che non si pieghi mentre si cammina.
Rimedi per la sindrome dell’alluce valgo, nei casi più gravi e che non riescono ad essere tenuti a bada, possono essere le iniezioni o un piccolo intervento chirurgico.
Se la punta rimane molto dolorosa, può valere la pena iniettare nell’articolazione dello steroide miscelato con anestetico locale. Ciò riduce l’infiammazione all’interno dell’articolazione. La punta può essere dolorosa per alcuni giorni dopo l’iniezione e di solito si va a verificare un miglioramento entro una settimana. Se il dito del piede migliora con un’iniezione, l’effetto potrebbe durare per alcuni giorni, settimane o mesi. Occasionalmente il miglioramento può essere permanente. Le terapie conservative hanno essenzialmente come obiettivo quello di ridurre il livello di infiammazione innescato dalla patologia e il Paziente può quindi trovare giovamento da:
- Utilizzo di calzature adatte che non costringano il piede soprattutto nella zona dell’alluce.
- Utilizzo di plantari su misura (ortesi plantare).
- L’impiego di farmaci antinfiammatori o cortisonici, che devono essere prescritti dal medico specialista e assunti secondo le dosi consigliate.
- Sedute di fisioterapia che prevedano dei massaggi localizzati o trattamenti specifici (come ad esempio la Tecarterapia).
Queste terapie possono essere efficaci in particolare nei gradi più lievi di alluce rigido (1°e 2°), nel caso in cui il dolore persista nonostante queste terapie potrebbe essere opportuno ricorrere al trattamento chirurgico.
Il trattamento chirurgico è in generale proposto in caso di scarso beneficio della terapia conservativa, in caso di rapida progressione o in casi particolarmente gravi. Esistono diverse tipologie di interventi che vengono utilizzati a seconda dello stadio evolutivo dell’artrosi e/o delle caratteristiche del Paziente. Alcuni di questi, in generale utilizzati in casi non troppo gravi con una articolarità ancora discretamente conservata, hanno la finalità di migliorare il movimento e di bloccare o rallentare il peggioramento dell’artrosi; consistono nell’asportazione degli osteofiti (cheilectomia) e/o nell’uso di osteotomie che decomprimono l’articolazione. In casi più avanzati con importante compromissione dell’articolazione si utilizzano interventi di bloccaggio definitivo dell’articolazione (artrodesi), di asportazione di parte delle superfici articolari (artroplastiche) o nel posizionamento di protesi o spaziatori.
Cheilectomia
Si tratta dell’asportazione dei becchi ossei ed in generale in una pulizia chirurgica e mobilizzazione dell’articolazione; è un intervento che in genere da solo produce risultati limitati in quanto non modifica sostanzialmente la meccanica dell’articolazione e non impedisce la progressione dell’artrosi.
Osteotomie di decompressione
Vengono in genere associate ad interventi di cheilectomia per avere un risultato più duraturo; consistono in tagli ossei (osteotomie) che, come fratture artificiosamente prodotte, permettono di decomprimere o di riorientare le superfici cartilaginee residue al fine di rallentare o bloccare la progressione dell’artrosi. In questi casi vengono in genere utilizzati mezzi di sintesi per fissare stabilmente l’osteotomia.
Artrodesi
Si tratta del bloccaggio chirurgico dell’articolazione che viene fissata in una posizione che permette un soddisfacente svolgimento del passo; è un intervento che viene riservato ai casi più avanzati su articolazioni già rigide. Permette di avere buoni risultati sul dolore e risolve in maniera definitiva la patologia. L’intervento consiste nella rimozione degli osteofiti e delle residue cartilagini articolari, nel posizionamento in posizione funzionale dei capi articolari e nella loro fissazione stabile con viti, placche o fili metallici.
Artroplastiche
L’intervento consiste nell’asportazione di una parte dell’articolazione, in genere la base della prima falange, in modo da decomprimere l’articolazione e di ripristinare parte del movimento.
Protesi o spaziatori
In questo caso vengono asportate le due superfici articolari, metatarsale e falangea, e sostituite con protesi che vicariano l’articolazione; queste protesi possono sostituire i due capi articolari, analogamente a quanto viene attuato su articolazioni maggiori come anca o ginocchio, o funzionare come elementi di interposizione tra i due capi articolari (spaziatori). In ogni caso la finalità è quella di ripristinare un certo movimento articolare eliminando nel contempo il dolore.
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